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2022 SGUARDI SUL CONTEMPORANEO

INTRODUZIONE
Sovversioni Maddalena Giovannelli, Francesca Serrazanetti

I– SGUARDI 
Creazione e svelamento Carmelo Rifici
Love me. Amori e disamori per l’io autoriale Maddalena Giovannelli
La rivolta del corpo Francesca Serrazanetti
Una regista spettatrice e una drammaturga minerale: Manuela Infante Roberta Ferraresi
Registe e drammaturghe: sarà solo una questione di numeri?
Paola Tripoli

II – MATERIALI
Verso un nuovo paradigma

III – GLI SPETTACOLI

IV – GLI AUTORI


 

Sovversioni 
Maddalena Giovannelli, Francesca Serrazanetti

Porre questioni, seminare dubbi, riflettere sul contemporaneo, discuterne insieme. Sono nate con questo spirito le pubblicazioni Sguardi sul Contemporaneo, che raccolgono l’esperienza dei Quaderni del FIT, fondati nel 2016. La riflessione corale che leggerete nelle prossime pagine è nata da due finestre di osservazione. Da un lato il FIT Festival 2022, con la coraggiosa scelta curatoriale di Paola Tripoli di comporre un programma con solo artiste donne; dall’altro lato le creazioni più recenti degli autori e autrici giovani prodotti dal LAC. 

Attraverso questi orizzonti ci sembra di registrare senza ancora poterne definirne i contorni un cambio di paradigma deciso e forse irreversibile nelle forme dell’autorialità. Certamente l’“auto- re” novecentesco, con la sua individualità, con la sua posizione gerarchica e auto-accrescitiva (come ricorda il verbo augeo inscritto nel suo nome) è definitivamente entrato in crisi. La struttura piramidale tra regia e drammaturgia sta lasciando sempre più spesso il posto a forme di collaborazioni differenti, più fluide e meno demarcate. La gerarchia dei ruoli all’interno della composizione è spesso rovesciata quando non del tutto abolita; e questo succede quasi immancabilmente le rare volte in cui a guidare il processo creativo è una donna. Per questa ragione abbiamo scelto di parlare di Sovversioni, guardando anche al dibattito sempre più acceso sul pluralismo e sulla rappresentatività di voci diverse nel sistema di produzione culturale.
Abbattere i simboli come un simbolo è, in teatro, la sedia del regista-autore-demiurgo apre sempre contraddizioni, e certamente causa delle perdite e dei vuoti. Su questo si sofferma Carmelo Rifici, riflettendo sui rischi e le opportunità di questo momento di transizione. Dall’altro canto, Paola Tripoli osserva sulla necessità  di mettere in discussione, a partire dalle pratiche, la regia come pratica autoritaria a carattere maschile, guardando soprattutto a certe autrici europee e al loro tentativo di cambiare i paradigmi. Roberta Ferraresi analizza in questa prospettiva il teatro di Manuela Infante, e la sua composizione in senso ampio, che si distanzia dalla figura convenzionale dell’artista-autore per diventare una regista-spettatrice. In parallelo riflettiamo sul ruolo, in questo cambio di paradigma, del corpo performativo in scena (Francesca Serrazanetti) e della scrittura biografica (Maddalena Giovannelli), guardando soprattutto ai lavori di Tatiana Julien e di Marina Otero. In questi due orizzonti in particolare, e nella relazione con quanto emerso negli ultimi anni dal lavoro di ricerca portato avanti con i Quaderni del Fit, ci sembra di osservare già ulteriori cambiamenti. Era il 2020 quando registravamo una “eclissi del corpo” e il 2018 quando riflettevamo sul protagonismo della autobiografia come forma di racconto. Scritture del corpo, scritture sceniche, scritture collettive. Niente di così nuovo dopo tutto: si tratta di prassi che ben si legano a certe tradizioni teatrali quella del lavoro collettivo dei gruppi del secondo Novecento, ma persino delle compagnie “all’antica”. Ma come spesso accade, nei momenti di crisi e passaggio, il vecchio e il nuovo continuano a convivere dialetticamente, tra tentativi di sovversione e lavori in corso. 

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